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 : Una recensione ed un ritratto che meritano spazio:Antioco Zucca filosofo sconosciuto
Inviato da Francesco Urru il 12/12/2010 10:10:12 (3515 letture) News dello stesso autore


Grazie all'archivio online dell'Unione Sarda vi posso riproporre la recensione che venne fatta il 15 Novembre 1994 del Libro di Prof. Antonio Pinna "Antioco Zucca un filosofo sconosciuto". Il libro in quei giorni era fresco di stampa, ma a 16 anni di distanza, quanto scritto in questo articolo mantiene inalterato il suo valore non avendo i fatti successivi tolto valore ad un rigo di quanto esposto.
" Martedì 15 novembre 1994
E' molto difficile in Sardegna entrare nella letteratura, che vuol dire poi precisamente e niente di più che essere proposti per essere letti. Per farci capire subito a proposito dell'accusa di chiusura che muoviamo alla cultura dei sardi, citiamo due casi esemplari: quello di Giaime Pintor (1919-1943) e quello di Francesco Alziator (1909-1977). Il primo è un testimone nobilissimo -con Sangue d'Europa - della tragedia di una generazione oppressa dalla dittatura e conquistata alla democrazia della Resistenza. Il secondo è un piacevolissimo 'narratore' di un tema, quello urbano, quasi assente nella cultura sarda.
Perché riesce tanto difficile il loro 'sdoganamento'? Per due ordini di ragioni. Perché siamo prigionieri dei generi letterari, e qui da noi non si è 'scrittori' se non si scrivono romanzi o poesie.
Perché, ancora, se uno compie il fallo di mettere il piede fuori dall'isola, e di sentire europeisticamente e cosmopoliticamente, come accade a Pintor, è perduto per sempre. Solo si salvano qualche volta, quelli che ritornano e rimettono il piede a casa. A Giaime non accadde, perché andò a morire cinquant'anni fa per la libertà d'Italia. Questa sorte, che abbiamo disegnato, e che comporta uno 'sdoganamento' impossibile, la conobbe Antioco Zucca (1870-1960), perché se di poesie anche ne scrisse non erano in limba ed erano invece filosoficosatiriche, e soprattutto fu un filosofo, anzi l'unico filosofo che abbia avuto in tutti i tempi la cultura isolana. E per giunta un filosofo non di provincia, ma le cui opere ebbero un'eco nazionale ed europea, anzi mondiale. Lo testimonia anche il pacco (custodito nella Biblioteca comunale di Oristano), di lettere e di messaggi, scambiati con Ernst Haeckel, Roberto Ardigò, Paolo Orano, Filiberto Farci, Gonario Pinna, Bernardino Varisco, Giacomo Zanella, Grazia Deledda, Ada Negri. Ci sono forse anche giustificazioni del silenzio che egli ancora patisce. Zucca era un uomo schivo e dalla nativa Villaurbana nei suoi lunghi soggiorni per gli studi a Santulussurgiu, Cagliari, Bologna (dove conobbe Giosué Carducci, Enrico Panzacchi, Olindo Guerrini) e Roma (dove frequentò Antonio Labriola), e per l'insegnamento a Chiari (Brescia), Bari, Cagliari, Roma, portò il gusto di una vita appartata ed austera. La vita morale non aveva bisogno di adattarla a un credo e il suo ateismo è il frutto del razionalismo rigoroso a cui si votò. Anche la scelta politica passò attraverso quel setaccio stretto e spietato.
La sua fu una marcia lunga e faticosa verso il socialismo, a cui l'attrasse non tanto l'ala estrema di Felice Cavallotti quanto quella sindacale-sorelliana. E rimanendo sostanzialmente apartitico, rinunciando all'inizio del secolo a qualsiasi candidatura, e partecipando nel 1948 alla battaglia del Blocco del Popolo, che intese come valido oppositore laico al clericalismo della Democrazia Cristiana. Ma senza conoscere intolleranza, e cercando vanamente di abboccarsi più a lungo con Padre Lombardi, «il megafono di Dio», che quando lo incontrava, in fuga, gli diceva: «Ho sempre il suo libro sul tavolo, ma senta, professore, Dio esiste, Dio esiste». La sua filosofia frastagliata e talvolta contraddittoria, raccolta tutta in due libri(L'uomo e l'infinito, 1994, e I rapporti tra l'individuo e l'universo, 1937), si innesta nel positivismo di Roberto Ardigò, ma passando dal momento distruttivo che aveva conosciuto fino ad allora a quello della ricostruzione. L'universo infinito taglia fuori, ancora in Zucca, tutta la realtà ideale, ma diventando la base del suo monismo si arricchisce di psichicità.
Tutte le creature sentono, seppure diversamente, e «consonano» insieme. I mondi si popolano tutti, nessuna creatura muore realmente e dura nella realtà perenne dell'universo. La fraternità fra gli uomini di questo mondo e degli altri mondi abitati è il messaggio di Zucca che dura ancora e la scoperta recente di un gene unico della vita risalente a milioni e milioni di anni fa gli dà ragione. D'altronde sono veramente gli scienziati piuttosto che i filosofi ad essere stati dalla sua parte.
In particolare Camille Flammarion (1842-1925) che gli trasmise il fascino dell' astronomia astronomia. Dalla lucidità discende la sua 'religione'. Il Dio non è trascendente, né è il Deus absconditus del Cristianesimo, è invece l'immutabile essere che viaggia attraverso il cielo universale della vita e della morte. E anche la scrittura è scientificamente lucida, limpidissima, per nulla filosofica, priva di qualsiasi pedanteria tecnicistica. Per tutto questo si riconobbe più nei filosofi lontani nel tempo. Il più 'suo' fu Giordano Bruno, ma anche Lucrezione e Epicuro, Leibnitz e Fontanelle, devono riconoscersi come suoi maestri. Solo un libro del suo tempo lo sconvolse e fu Forza e materia di Ludwig Buchner (1824- 1895). Questo medico e filosofo tedesco gli ispirò la prima fede nella forza e nella natura, che infiniti ed eterni agiscono inseparabilmente. Nutrito di quel pensiero materialista, riscattato dal sentimento, combatté perché gli atei non fossero avversati, e fossero invece riconosciuti come felici ed infelici insieme. Felici dell'autonomia e infelici della solitudine e delle persecuzioni. Nulla fu facile per questo stoico, ascettico, pessimista. Né la vita fisica che si trascinò tutta la sua gracilità di bambino né la vita dell'intellettuale e del professore. L'intellettuale visse nascosto, defilato dalla vita pubblica. L'insegnante vestì l'abito dell'educatore e avrebbe sentito orrore a farsi chiamare operatore scolastico'. E anche la cattedra umile, quella delle scuole tecniche, corrispose alla sua gelosa misura. Ma riuscì come pochi a trapassare da Leopardi a Manzoni, dal Vecchio Testamento all'Imitazione di Cristo. Quando ritornò a Villaurbana, ai piedi del Montiferru, continuò a passeggiare come aveva fatto una volta a Parigi, sempre guardando più lontano. Quì d'altronde aveva contemplato i cieli da bambino e li ritrovava uguali, immacolati ed eterni. Mentre per il paese e fra i viottoli di campagna, lo accompagnava Agostino Garau, che ancora lo ricorda. E questa memoria storica di Villaurbana che ha tante volte tentato di abbattere le muraglie che hanno incarcerato Antioco Zucca.
Qualcosa, anche con Alberto Granese e Diego Are, si è sbilanciata, ma appena un poco, per poter dire che questo filosofo che non è stato crociano e non è stato marxista riesca almeno adesso ad emergere, che si sono buttate all'aria tutte le filosofie idealistiche e soprattutto tutte le ideologie totalizzanti. Chissà se può riuscirvi il libro uscito di fresco, che raccoglie la più ricca esplorazione che sia stata compiuta del filosofo:Antioco Zucca un filosofo sconosciuto di Antonio Pinna (2 D Editrice Mediterraneo). ANTONIO ROMAGNINO"

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