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Politica nazionale : Per vincere il referendum
Inviato da Francesco Urru il 5/6/2006 16:40:00 (2780 letture) News dello stesso autore

Sandra Bonsanti, 05-06-2006
C’è modo e modo di affrontare il referendum, disse nei giorni caldi dell’elezione del Capo dello Stato Marcello Dell’Utri. Ad esempio, spiegò in quel suo sciagurato tentativo di gettare un ponte impossibile con la nuova maggioranza, ad esempio “si può non accanirsi”.
A venti giorni da quello in cui gli italiani sono chiamati a sostenere la Costituzione repubblicana quel singolare ammonimento mi martella il cervello nei momenti in cui mi sembrano inadeguati gli sforzi per divulgare il senso della posta in gioco e per chiamare all’appello tutti quei milioni di cittadini che ancora non sanno o non sanno del tutto.

Di Dell’Utri molto si può dire e pensare, ma certo non è possibile sostenere che sia uno sprovveduto, uno che non conosca i meccanismi più interni della politica. Sa, ad esempio, che se tutti e dico tutti intendendo partiti con i leader, sindacati, associazioni e movimenti e singoli individui non si mobilitano, se non ci credono fino in fondo, allora il risultato non è scontato. Può andare in un modo oppure in un altro, può esser quasi pari, può attrarre pochissimi cittadini.

Il “consiglio” del parlamentare azzurro appare in singolare sintonia con quanto va dicendo, oggi, Umberto Bossi, con le sue “aperture” a un dialogo futuro dopo la incostituzionale blindatura con cui hanno approvato, pochi mesi orsono, lo stravolgimento della Carta, insensibili a qualsivoglia emendamento dell’opposizione, sordi alle proteste del mondo dei cittadini e dei costituzionalisti. Ci possono essere diverse interpretazioni sui motivi della posizione della Lega: timore di perdere il referendum, necessità di presentare ai propri elettori uno straccio che dica; il federalismo come lo vogliamo noi comunque vadano le cose, non si toccherà, voglia di distinguersi all’interno della CdL.

Il punto è che con i Si e con i No non si scherza. Mario Pirani scrive su “Repubblica” che gli appare “illusoria l’idea che serpeggia ai vertici dell’Unione (l’Ho sentita con le mie orecchie)secondo cui sarebbe opportuno tenere basso il volume della campagna referendaria così da smorzare l’intenzione di trasformarla in una violenta tenzone pro o contro Berlusconi”. Speriamo che Pirani abbia sentito male.

Il dizionario italiano spiega così il sostantivo accanimento; ”Persistenza ostinata e talvolta rabbiosa in un’azione non necessariamente riprovevole”. Escludendo la rabbia che non ci appartiene (pur se potremmo essere arrabbiati) credo che dobbiamo fare nostra la persistenza ostinata, nell’azione non riprovevole di dire No alla Costituzione di Calderoli. Senza una buona dose di ostinazione, senza la ferrea volontà di persistere, non sarà facile vincere. E noi sappiamo che non si può e non si deve perdere. Sono perfettamente d’accordo con chi dice che se vincessero i Sì poi non si cambia più nulla, perché a quel punto la riforma sarebbe non solo votata dal Parlamento ma confermata dal referendum. Il guaio maggiore comunque sarebbe il dover convivere per il futuro con i nuovi 53 articoli, cioè tutta la seconda parte, che stravolgono regole e contrappesi, ci affidano a un premier inamovibile, e fanno a pezzetti l’unità sostanziale e morale del nostro Paese.

Certo avremmo preferito una data diversa, e il Comitato promotore anche di questo problema si era fatto carico, incontrando il Ministro Pisanu, cercando soluzioni diverse, magari con intelligenti accorpamenti con le amministrative. Perché avrebbero dovuto darci ciò che chiedevamo? Avevano la possibilità di fissare giorni in cui i cittadini meno abbienti sono già in ferie,sfruttando i prezzi più bassi, i mondiali in pieno svolgimento e chi si è visto si è visto.

Ormai dunque il referendum è alle porte. Molti di noi lavorano sulla Costituzione da più di due anni, da quando cioè fu assolutamente certo che la CdL andava avanti e su questo infausto documento aveva deciso di cementare l’alleanza su cui si fonda. Ci siamo inventato strumenti formidabili, coordinamenti, comitati, abbiamo raccolto quasi un milione di firme, sotto la guida sempre di Oscar Luigi Scalfaro con una grande sogno: rimanere uniti nel respingere la riforma. Forti della certezza che quella carta fu scritta per tutti gli italiani, pagata a caro prezzo, che essa è la più moderna e lungimirante del mondo, e che dunque nessuna maggioranza di governo la poteva cancellare. La Costituzione è di tutti, abbiamo ripetuto in giro per l’Italia con persistente ostinazione. Si può cambiare (è stato fatto più di trenta volte nella nostra storia) ma non si può riscrivere, farne un’altra.

Hanno scritto i Ds della Calabria in un bel documento: “La riforma proposta è stata elaborata da un comitato ristretto e aumenta in modo esagerato i poteri del presidente del Consiglio e trasforma il nostro regime parlamentare in un regime elettorale del primo ministro. I cittadini vengono relegati in un ruolo passivo, semplici spettatori delle decisioni assunte da un uomo cui hanno delegato la propria sovranità”. Semplice: noi questa cosa non la vogliamo.

Insomma NO e ancora NO. I “per…” che qualcuno ci critica di non dire con sufficiente forza sono almeno due: “per salvare la Costituzione”, “per guardare al futuro”: siamo infatti certi che è con questa costituzione che si può modernizzare il sistema Italia, perché è questa Costituzione che ci consente le modifiche che fossero ritenute necessarie.

Per questo ai tre SI di Nania (per evitare ribaltoni, per ridurre il numero dei parlamentari, per rendere funzionale il federalismo) noi possiamo opporre alcuni dei No che Giorgio Napolitano pronunciò nel suo intervento durante la discussione in Senato: NO a dilatare in modo abnorme i poteri del primo ministro, e sfuggire da ogni vincolo di pesi e contrappesi; No a una soluzione priva di ogni razionalità del Senato con imprevedibili conseguenze sulla linearità e l’efficacia del procedimento legislativo;No all’alterazione della fisionomia unitaria della Corte Costituzionale; No all’indebolimento del Presidente della Repubblica.

Cosa ci aspetta, se vincerà il NO? Il programma dell’Unione, sul quale è stato chiesto il nostro voto, prevede delle modifiche già condivise dai partiti di centro sinistra. Modifiche di buon senso, quasi tutte. Ma questo è il DOPO, dopo la vittoria del NO.

L’altra sera a Firenze, sul palco in Piazza Signoria, ha parlato una ragazza dei “Giovani per la Costituzione”, Flaminia Fioramonti, che da anni, insieme ai suoi compagni, gira le scuole e le università e da tempo lavora con noi del Comitato promotore. E’ stata straordinaria, ha detto chiaramente che è compito delle nuove generazioni conoscere la Costituzione, dato che “parte dell’attuale classe dirigente sembra ignorarla”. Agli interlocutori più giovani Flaminia e Mattia e gli altri spiegano che la Costituzione “è nostra perché ci tutela” e che “spetta a noi difenderla…nei suoi valori troviamo la fiducia per crescere e studiare”.

Anche per loro che oggi hanno vent’anni dobbiamo “accanirci”, “persistere con ostinazione”. Bisogna che il centro sinistra faccia una campagna referendaria semplice, unitaria, convinta e che investa in essa, politicamente e economicamente. Non si può essere tirchi o egoisti quando ci sono in ballo i valori supremi. Concludo allora ancora con Pirani: “La difesa della Costituzione è un tema che non consente mezzi toni né tranquille pause di distrazione da oggi al 25 giugno tanto più che il primo sondaggio prevede, allo stato dei fatti, uno scarto tra il NO di chi respinge l’obbrobrio Calderoli e il Sì di solo il 2%”.

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