Dal blog “ilrenudo” leggo e vi riporto questo interessante post che ci invita ad una profonda riflessione.

LA BELLEZZA DI UNA DOMANDA

Durante il faccia a faccia televisivo tenutosi lo scorso 15 Aprile a Manchester tra i 3 candidati premier del Regno Unito (Gordon Brown, David Cameron e Nick Clegg), un ragazzo ebreo, con tanto di Kippah in testa, ha posto una domanda molto seria ai tre aspiranti “Prime Minister”: “Cosa fareste, se eletti, per migliorare la scuola pubblica? Con l’attuale sistema scolastico noi studenti facciamo troppi esami e gli insegnanti non sono liberi di insegnare come vorrebbero”. Le risposte dei 3 candidati non hanno soddisfatto il giovane diciassettenne Joel Weiner (questo il nome del ragazzo) che è finito su tutti i giornali proprio per essere riuscito a mettere in crisi i tre politici con una domanda semplice, diretta e ben posta. L’ultimo dibattito televisivo in Italia risale ormai all’Aprile del 2006, il famoso “duello” Berlusconi-Prodi. Recentemente Bersani ha proposto al Premier un duello in Tv ma Berlusconi ha rifiutato, forse è troppo impegnato, tant’è che anche la legge sul “Legittimo impedimento” serve proprio a questo: a saltare i processi a causa degli “impegni istituzionali” che guarda caso decide lui quando fissare. In Italia i politici non amano i dibattiti televisivi e nemmeno i giornalisti che fanno domande. Il giornalista tipico italiano è un diverso modello di “reggi-microfono”: il politico parla e il giornalista deve semplicemente “reggere”. Sarà che forse all’estero non hanno niente da nascondere? In Gran Bretagna Gordon Brown stava calando a picco nei sondaggi ben prima del faccia a faccia in Tv ma non per questo si è rifiutato di presentarsi davanti ai cittadini. L’idea che un politico non debba mai rendere conto a nessuno del proprio operato appartiene solo al nostro Paese. Il pubblico in studio nel 2006 non era presente al duello Berlusconi-Prodi, nello studio inglese di Manchester invece sì, c’era un pubblico selezionato ma presente e addirittura le domande sono state poste senza intermediari tra il cittadino e il politico. Questo per noi è inconcepibile! Addirittura Prodi e Berlusconi nel 2006 volevano conoscere in anticipo le domande che gli sarebbero state poste in modo tale da potersele preparare con comodo a casa, sul divano in pantofole magari. La forza di una domanda può essere dirompente, può spezzare il silenzio e accendere le menti e questo i nostri politici lo sanno bene, ecco perchè stanno sempre bene attenti ad evitare le domande e spesso infatti, noi italiani, scambiamo le dichiarazioni per interviste. Nelle interviste c’è uno che fa domande e l’altro che risponde, noi invece ascoltiamo solo “dichiarazioni unilaterali”. Uomini come Piero Ricca in Italia vengono definiti come “comunisti”, “terroristi mediatici”, “stronzi” (fonte: Marcello Dell’Utri), quando invece tutti noi dovremmo essere informati o informarci da soli e andare a porre domande in maniera educata ma decisa, dovremmo andare a mostrare il conto delle operazioni fatte dal governo, delle promesse fatte e non mantenute, delle balle raccontate e mai smentite dall’”informazione”, e coloro che dovrebbero informare dovrebbero farlo nel senso più letterale possibile del termine ovvero “in-formare”, “formare dentro”, “raccontare i fatti che ci formano dentro e che formano le nostre opinioni”. Ma per sapere devi essere curioso, devi chiedere, domandare e pretendere una risposta. Ecco, forse siamo proprio questo tipo di Paese: non il Paese delle domande ma il Paese delle risposte. Le domande qui non sono gradite.

“Giudica un uomo dalle sue domande più che dalle sue risposte” (Voltaire)