UNA GIORNATA DI STUDIO PER AGOSTINO GARAU

Sono trascorsi quattro anni e non sembra che la sua educazione, la sua umiltà, il grande rispetto per tutti, la sua disponibilità, la semplicità e l’umanità della sua cultura, abbia iniziato o abbia precipitato una qualche forma di ricompensa. Sembra ieri che si è spento, in tanti l’hanno salutato circondato dall’apprezzamento degli studiosi, dalle istituzioni e soprattutto da tutti i concittadini, promettendo di saldare il debito di riconoscenza, contratto con lui per i suoi servigi e per i suoi trascorsi culturali dati in dono alla comunità.

Nato nel maggio 1915 il suo percorso culturale lo iniziò, come accompagnatore ed allievo del filosofo Antioco Zucca, suo insigne maestro, da assistente delle comuni peripatetiche passeggiate, è stato amico carissimo degli amici e in seguito degli studiosi del maestro.

Collaboratore fidato, specialissimo testimone della sapienza del suo precettore, ha preso egli stesso su di sé la sua curiosità intellettuale, non solo trasponendo nei libri le tante vicende della comunità ma rilanciandone i significati e condensando nei suoi scritti i numerosi aspetti monografici. Testimoniando passione straordinaria per lo studio, coltivò anch’esso un interesse per la cultura dal sapore antico, curando suoi personalissime ricerche per nuragici, punici, romani, soprattutto sardi.  Seppe coltivare il desiderio per il sapere, su cui lacerante insiste in tutta la sua opera, come lui diceva : - il non aver potuto studiare -  tuttavia gli riuscì di colmare il vuoto grazie alla straordinaria passione per la storia locale, le tradizioni popolari.  

Mai pago, mosso da un’impaziente curiosità intellettuale, da una passione molteplice per la cultura, ha iniziato in silenzio, da autodidatta, segnato da una salute cagionevole, è stato per 20 anni collaboratore locale dell’Unione Sarda, affettuoso riferimento locale per molte persone di cultura, si è occupato di letteratura e di linguistica pubblicando racconti e poesie in varie riviste letterarie tra le altre “Frontiera” e “S’Ischiglia”.

Prestando poi la sua opera da un osservatorio privilegiato come dipendente comunale, maturò per mezzo della conoscenza diretta delle persone, una funzione ammirevole presso la comunità, da specialissimo tramite, divenne custode attento di ricordi, speranze, ritrovamenti, scoperte. Divenne un umanissimo portavoce degli anziani, spesso rilanciandone i valori più puri, tessendo con loro, il filo di un ordito sfaccettato, divenendone degnissimo interprete, investendo la sua opera dell’eco della voce dei miseri, la condizione degli umili della terra, la povertà dei diseredati.

Visse una stagione intensa di custode e ricercatore, amico di numerosi intellettuali sardi, negli ultimi anni della sua vita sviluppò una intensa amicizia con i giovani, soprattutto con i bambini e gli insegnanti delle scuole, crescendo una preziosissima e accuratissima collaborazione, ritagliando per sé un ruolo particolare, nel dare senso alla storia e alla vicenda comunitaria, trasmettendo e preservando la memoria delle sue genti.

La sua insaziabile sete di conoscenza, gli ha permesso di tracciare un percorso non indifferente, raccogliendo e facendosi consegnare tante notizie, non senza introdursi e proiettare la curiosità delle sue domande ad altri, “disturbando” sempre con grande garbo gli esperti, talvolta aprendo delle vere e proprie ‘querelle’, tra i più rinomati studiosi sardi.

Crebbe all’ombra della fama di diversi appassionati e uomini di cultura oristanesi, curò una raccolta archeologica ed etnografica, memore della battaglia per il salvamento di quelle testimonianze che poi diedero vita a importantissime esposizioni museali, intraprese una personalissima lotta con trafficanti e collezionisti senza scrupoli, in difesa di quei lasciti, riuscì a meritarsi il riconoscimento ufficiale di Ispettore Onorario alle Antichità e Belle Arti. Un elogio dovuto per la cura del complesso di preziosi reperti che la comunità, gli appassionati, presto sapranno apprezzare ed inizieranno a conoscere e capire.

Ora nell’idea avanzata della organizzazione di una giornata di studio si potrebbe ripercorrere il suo modo certosino, sistematico, con cui ha voluto avvicinarsi alla cultura, si tratterà di compiere un incontro che sappia suscitare attenzione e rispetto verso la sua opera, dalla quale sono emerse pagine importantissime della storia del paese e dell’area territoriale.

Agostino Garau ha preservato documenti, ricchi di risvolti personali, solo apparentemente meritori e frutto dell’appagamento narcisistico dello studioso, ma a ben vedere ricchi soprattutto di importanza e rilievo comunitario, provenienti come sono dalla storia, dall’etnografia, dall’archeologia, dalla botanica, dalla geologia, dall’ambiente e in fondo dalla vicenda umana, degli abitanti dell’Arci Grighine.

A quattro anni dalla sua morte è necessario ripensare il contributo intellettuale di Agostino Garau per il quale occorrerà andare alla profondità delle radici di questa comunità, alle sue caratteristiche più intrinseche e meno virtuali di quanto possano dirsi.

Nei suoi obiettivi non vi era un retaggio grossolano e tanto meno passatista o agiografico, sono tante le azioni che documentano gli impegni ed i tentativi moderni, di tracciare con la consapevolezza, una coscienza culturale dei luoghi.  Si pensi al modo in cui sviluppò una intensissima ricerca divenendo interlocutore di valentissimi intellettuali del passato e odierni, incontrava Michelangelo Pira, è stato collaboratore di una autorevole studiosa delle tradizioni popolari come Enrica Delitala, amico dell’antropologo Giulio Angioni, di uno storico e intellettuale come Gian Giacomo Ortu, prezioso informatore del botanico Siro Vannelli a cui fece inserire tra i monumenti naturalistici l’Olea europea L. olivo secolare posta nella periferia di Siamanna, ma anche la maestosa Phillyrea latifolia L. fillirea a Terras Noas a fianco alla quale si soffermano oggi i gitanti dell’agriturismo.

Occorrerà per via delle testimonianze di esperti, ma anche attraverso le sue carte, tracciare il percorso ed il sentiero della sua formazione, passando per queste stupende relazioni intellettuali alle cui affinità e vicinanze affettive ci si dovrà rivolgere per capire quale personalità avesse signor Agostino. Tutti possono comprendere nell’accostarsi alla sua vicenda quale spazio hanno questi materiali, in quale misura le sue amicizie, i resti, i reperti possono proprio per il loro valore, fornire ricchezza alla comunità prima dal punto di vista storico, culturale ed umano, poi dal punto di vista della loro conservazione e fruizione. Non trascurando proprio quegli investimenti sostanziali, di catalogazione, restauro, sistemazione in un ambiente adatto alla loro conservazione, ricerca ecc. ci si può interrogare se tutto ciò può essere investito di un interesse per lo studio, per la conservazione e la didattica, e farlo divenire il luogo la sede di una funzione portante la coscienza civile di Villaurbana.

E’ all’interno del rapporto dialettico che si instaura tra la cultura e chi invece ha le competenze specifiche per riconoscere e valorizzare in modo opportuno tutte le testimonianze, che può nascere una attenzione veramente concreta per la sua opera, la quale crebbe certamente in una atmosfera storico sociale particolare in cui segnatamente emerge la preoccupazione di custodire il prezioso ricordo del passato.

Nei confronti degli studiosi locali, la ricerca storiografica e culturale non ha ancora assunto un carattere sistematico, la loro storia non è stata ancora compiuta, finora hanno avuto spazio solo le elite e le classi dirigenti, quando si volgerà lo sguardo verso questi “minori” di cui
Sig. Agostino è un grande, allora ci si renderà conto, come senza le loro ricerche, la vicenda umana di molte comunità, come la sua Villaurbana, e la sua posizione in Sardegna e nel Mondo non potrebbe che apparire mutilata.

Sarà fondamentale fare una cernita dei suoi scritti, della sua prosa epistolare come anche della sua vena poetica, degli aneddoti ma anche della modalità scientifiche, con cui ha cresciuto una cura scrupolosissima per ricostruire un’attenzione alla storia e alla cultura, non solo della umanità villaurbanese.

In questo sarà importante e prioritario rileggere gli episodi più significativi, gli avvenimenti più considerevoli di organizzatore e animatore culturale, sostenitore della nascita di una associazione culturale e archeologica, membro della commissione comunale Biblioteca, curatore rispettoso della cronaca locale, fervido sostenitore delle iniziative culturali.

Come sarà necessario ripercorrere il tracciato che lui perseguito caparbiamente attraverso la corrispondenza, per mezzo delle sue interviste, per mezzo dei suoi articoli, per mezzo delle istituzioni culturali con cui ha collaborato, con le sue relazioni più varie, si potrà infine giungere ai lavori che hanno preceduto la stesura e la pubblicazione delle sue due opere principali Monografia Illustrata del Comune di Villaurbana (Fossataro 1973), Tradizioni popolari della zona del Monte Arci (S’Alvure 1987).

Senza l’opera di Agostino Garau la comunità avrebbe la biografia delle sue genti svuotata e alterata, così speriamo non ci si rivolga a lui con onorificenze e riconoscimenti ufficiali, se fosse con noi sarebbe lui per primo a schivarle, con lui occorre uscire dalla retorica delle vie e delle piazze in dedica.  Si dovrà iniziare a compiere un opera analitica che a partire dalla sua adolescenza giunga fino alla più completa analisi della sua personalità, ricostruisca il suo percorso formativo e di studioso, per ragionare intorno ai suoi prestigiosi risultati raggiunti, in cui è stato prima artefice, poi via via divenuto testimone, sostenitore nell’incoraggiare l’opera d’altri, sereno e saggio nel salutarne con fervore i risultati.

Una certa fretta di togliersi di dosso il legame profondo con le traversie storiche e territoriali delle genti dell’Arci Grighine, il prevalere di una mentalità che potrebbe indurre la voglia di dimenticare l’interprete e il difensore della loro vicenda umana, rimuovendo il ruolo che rivestono le attività agro pastorali nella storia locale, ignorando il modo in cui queste attività costituiscono ancora oggi la struttura sociale, le radici e le tradizioni più antiche, non permette di cogliere l’autentico bisogno di una modernizzazione reale.  Per questo ritengo rilevante parlare dell’opera di Agostino, potrà senz’altro aiutare a recuperare memoria e vissuti, ridare centralità a generazioni di persone che una certa modernizzazione vorrebbe espellere dalla vita e che vorrebbe convincerci che non hanno più alcuna funzione da svolgere.

Riconoscergli credito enorme, invece appare indispensabile per il raggiungimento di un presente più omogeneo alla comunità, più del silenzio, è necessaria una modernizzazione coerente, più che un paternalismo giaculatorio e premuroso, è fondamentale un processo di modernizzazione fattivo, concreto, denso di una maggiore progettualità, che racchiuda un progetto di sviluppo, principalmente incentrata sulla tolleranza e soprattutto sulla cultura.

Dal punto di vista culturale l’opera di Agostino, è rappresentativa, e contiene tanti ingredienti che fanno scandagliare e apprezzare l’anima di Villaurbana, gusti e sapori su cui occorrerà tornare per appressare alla sua opera le adeguate interpretazioni.

Il suo temperamento educatissimo, l’ha sempre condotto e rilancia verso noi tutti, alcune volontà, la prima di queste si nutre di un bisogno rilevantissimo ed attuale, di preservare accuratamente nell’alveo delle vicenda comunitaria, il rispetto delle testimonianze del passato, il secondo credere nella intelligenza e nella elaborazione culturale, terzo perseguire azioni necessariamente legate alla socialità dei luoghi, alle capacità delle sue genti, non ultima infine mantenere apertissimi i contatti con il mondo.

In questo dunque non si è affatto fuori dall’attualità, sottolineare con attenta considerazione il suo impegno, riconoscere validissime le sue istanze e scegliere il percorso con cui si deve proseguire, nella convinzione di guardare e cercare aldilà delle divisioni, compiendo scelte più significative che sappiano ripristinare lo spirito tollerante per cui Signor Agostino si è sempre battuto nella comunità.

Se nella enorme mole di attività poste in essere, ha cercato delle risposte opportune nella sua coscienza, per il modo in cui è sempre intervenuto, una ci appare gigantesca: la memoria del discepolo per il maestro, il suo rispetto rigoroso, esternato in tantissime occasioni, meriterebbe approfondimenti documentali e scientifici.  Un dovere che ha vissuto con eccezionalità, come un compito immane, salvando dall’oblio il ricordo, a dispetto di tanto disinteresse, di fronte al quale ha sempre cercato nell’umiltà e nella moderazione di schernirsi..

Ogni persona attenta non solo i residenti a Villaurbana, devono essere capaci di domandarsi, a quale dovere Sig. Agostino ha dato risposta nel cercare di compiere quest’opera di conservazione delle testimonianze culturali del passato.  A quali compiti ha fatto da garante nel raccogliere le numerosissime informazioni storiche, culturali, sanitarie, etnografiche, sociali, è un interrogativo al quale chi sente la responsabilità pubblica e privata sulla propria coscienza dovrebbe avviare una riflessione equilibrata.

A quali significati e a quanti progetti di ricerca ha lavorato, quali sono stati gli intenti e quali gli esiti del suo lavoro?

Autodidatta solo per modestia, c’è un metodo che lui ha seguito? qual’è la profonda lezione che dobbiamo trarre dalla sua vicenda personale, e di studioso e di uomo, siamo sicuri ci sia nota completamente la sua personalità ?

Senza dubbio Signor Agostino ha assorbito l’enorme spinta ricostruttiva di un epoca, cresciuto com’è nel secondo dopoguerra, ha attraversato con grande intensità le trasformazioni ed il passaggio di una comunità povera degli anni 40 e 50 fino alla ricostruzione degli anni 60 e 70.

Guardando con attenzione, cura, amore alle persone e alle loro fatiche, facendosene commuovere, non solo e semplicemente osservandoli dalla sua posizione privilegiata, spendendo di suo, la sua reputazione, i suoi ricchissimi mezzi intellettuali, investendo le istituzioni pubbliche di doverose iniziative affinché non andasse perduta la conoscenza dei modi e degli usi del luogo, cedendo un testimone alle nuove generazioni rappresentativo di una ricchezza culturale dai molti risvolti.

L’interiorità candida ed educatissima gli ha permesso, dandoci in prestito l’apprezzamento per una condizione esistenziale e intellettuale oltrechè umana, una ricca poetica struggente, in cui si rivelava la sua ritrosia, si illuminava tuttavia quando per esprimere la sua opinione con più frequenza ricorreva agli aneddoti ed alle parole dei suoi numerosi testimoni, coinvolgendoci in preziosissimi e gustosissimi episodi.

Detti, proverbi, filastrocche, tecniche e pratiche culturali raccolte permetteranno a molte generazioni di giovani e meno giovani villurbanesi e sardi, di guardare dentro di sé, trovando risposte commosse e sorridenti, ma soprattutto cariche di speranza per la propria storia identitaria.

Divenendo in questo senza nessuna baldanza ma con orgoglio, protagonista per diverso tempo del riscatto culturale e della dignità comunitaria, testimoniando in prima persona e assumendo le memorie delle sue genti, facendole divenire protagoniste nel bacino dell’Arborea e dell’Arci Grighine segnando con importanti studi la storia delle comunità, in tutto il panorama regionale.

Informatore prezioso ed amico affettuosissimo è divenuto per molte caratteristiche originale e compiuto ricercatore, osservatore e preziosissimo informatore di scienziati, appassionati, cultori, studenti di tutte le scuole, sentiva strategico il cambio di mentalità culturale presso la collettività.

Un uomo modernissimo, un uomo che guardava al futuro con l’allegria di un bambino, ha combattuto da posizioni per niente egoistiche, non faziose, ma che nella libertà delle sue numerosissime lettere trapelavano gli esiti di incontri, scambi, suggerimenti, maturazioni, conseguimenti, in cui l’ironia assumeva l’esempio di costruzioni liriche educatissime e temperatissime da qualunque eccesso,

Seppure le luci e le ombre non potranno che fornirci un tracciato dialettico dell’epoche attraversate, tuttavia daranno conto di quella saggezza con cui Agostino ha cercato di rispondere con sensibilità straordinaria a numerosi interrogativi che un uomo come lui si poneva di fronte alla esperienza culturale di una comunità del monte Arci.

Per gli anni trascorsi possiamo darci pure delle scuse, ora Agostino attende un itinerario di studio di attenzioni che nella documentazione reale ed autentica, inizi a rivelare e decifrarne il suo patrimonio interiore.  L’ostinata educazione dei semplici, il francescanesimo della cultura e dei saperi locali, non ci permette di ignorare la sua attualità, come non rendersi conto della profondità della sua opera, rispetto ai problemi del presente.  Riprendere la sua vicenda, servirà a rivelare le motivazioni che lo hanno spinto a interpretare i gesti e la cultura delle azioni che ha posto in essere, rivedere e far riflettere la comunità su se stessa fruttuosamente, grazie alla sua indomabile curiosità intellettuale ci impegna nel dedicargli con un segno tangibile, il lascito che è l’orgoglio di averlo conosciuto:

E’ questa la ragione che ci spinge, compiere un gesto necessario, convinti del dovere del ricordo, cedere al dolore della memoria ed alla nostalgia, non vuol dire farsene sopraffare, serve a rendere più urgente la organizzazione di una giornata di studi che possa segnare l’avvio di una opportuna considerazione della sua opera, quanto mai pubblica.

Non vorremo il suo ricordo fosse sommerso da uno strano modo di intendere la cultura più che da una prassi culturale pedagogica ed educativa, più che una pratica di formazione della democrazia, più che dal rispetto per la sua testimonianza, possa essere assimilata ad una stasi del pensiero.

Non c’è altro modo per parlare della sua esperienza culturale se non dall’interno di questa comunità, nel richiamare tutti a svelare e chiarire la sua vicenda personale, ripercorrendo il contesto nel quale ha speso le sue energie disinteressatamente, ma anche iniziare a demolire il malcelato silenzio, calato. Dipanare i meriti e i lasciti di un uomo come lui, potrà avvenire soprattutto dietro una accurata ricognizione, che possa dirci la equilibrata dimensione che la comunità di Villaurbana grazie ad Agostino ha acquistato in ambito regionale.

Di questo insegnamento, in tanti gli sono grati, soprattutto per la preziosa testimonianza umana e civile che lo ha contraddistinto di cui ci permettiamo di osservare sia debitrice la comunità tutta. Proprio a partire dall’educazione ricevuta segnando nel giovane Agostino i tratti profondi del luogo in cui è cresciuto ed ha vissuto, i nuovi studi ed approfondimenti non potranno che rivelarne la statura.

A noi poi ne siamo certi ci perdonerà se abbiamo abusato di una attenzione biografica della quale ci rimprovererebbe, lo abbiamo compiuto, attraverso le sue preziose fatiche, soltanto per cercare con lui su mori (il sentiero).

Villaurbana Novembre 2005

                                                               Sebastiano Chighini